Il monte Auremiano – Vremščica

Il monte Auremiano, in sloveno Vremščica, tra il Taiano e il Nanos

I monti più alti nelle prossimità di Trieste sono principalmente tre e tutti in Slovenia:

  • il monte Taiano che domina l’altipiano del Carso triestino e i golfi di Trieste e Capodistria
  • il monte Nanos il cui profilo inconfondibile è ben visibile da molti punti del Carso e per la sua geologia viene talvolta incluso nelle Alpi Giulie, altre volte nelle Alpi Dinariche
  • il monte Auremiano che si posiziona geograficamente tre i primi due ed è probabilmente il meno conosciuto

Il monte Auremiano è la cima più alta di un piccolo altipiano intorno ai 1000 metri sul livello del mare in cui il bosco si alterna a vasti prati. E’ raggiungibile tramite un sentiero che inizia dalla strada che collega Divaccia e Senosecchia. Provenendo da Divaccia, poco prima di Gabrče sulla destra si diparte una strada bianca segnalata da un cartello che indica Vremščica. Da qui parte l’itinerario verso il monte Auremiano. Dopo poche centinaia di metri in falso piano, si incontra sulla sinistra una deviazione segnalata da alcuni cartelli, seguendo questa deviazione la salita si fa più ripida sempre comunque su un tracciato largo e sassoso. Si prosegue attraverso il bosco finché la vegetazione comincia a farsi più rada è questo il segnale che si è raggiunta la piana del monte Auremiano, Vremščica in sloveno.

Da qui il sentiero prosegue attraverso i prati dell’altipiano fino a raggiungere una sorta di fattoria che viene utilizzata per fare studi veterinari e in cui si trovano spesso animali al pascolo. Per raggiungere il monte Auremiano non bisogna tuttavia arrivare fino a questo punto ma seguire il sentiero sulla destra che compare appena la salita si fa meno percettibile e compaiono i prati. Questa deviazione è anche indicata dai cartelli rossi che segnalano i sentieri sloveni. Da questa deviazione, dopo poco, si entra in una zona aperta dove la vista spazia sulla zona sottostante, seguendo i cartelli che indicano Vremščica si arriva dopo un’ultima salita sul punto più alto, sul monte Auremiano. La cima è segnalata da un cippo, il panorama è molto ampio e si distinguono chiaramente il monte Taiano e il monte Nanos rispettivamente a nordest e sudovest. Proseguendo sullo stesso sentiero si raggiunge infine una piccola chiesta, anche qui si può approfittare di godere del panorama prima di tornare indietro per lo stesso itinerario.

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Monte Taiano da Podgorje (monte Slavnik)

In salita fino a 1.000 metri da Podgorje al Monte Taiano

Il monte Taiano, Slavnik in sloveno, è il rilievo più alto del Carso triestino se si considera anche la zona slovena prossima al confine.
Il monte Taiano si trova infatti in Slovenia ai confini con la Croazia ed è ben visibile da diverse posizioni, dal Carso e soprattutto dal Golfo.
Il monte Taiano è infatti in posizione dominante rispetto al Carso e al Golfo e dalla sua cima, alta 1.028 metri, il panorama spazia da Punta Salvore alla laguna di Grado, abbracciando tutto il Golfo, ma anche dal monte Maggiore (Ucka) in Istria Orientale, al monte Nevoso (Sneznik), alle cime del Carso triestino (monte Cocusso, monte Lanaro, monte Ermada) fino alle catene Alpine e Dinariche retrostanti.
Ci sono principalmente due percorsi per raggiungere la cima del monte Taiano:
– da Erpelle, vicino Kozina, si segue una larga forestale per 10 chilometri in leggera salita
– da Podgorje, si segue un sentiero comunque largo ma più ripido per circa 5.5 chilometri
La salita al monte Taiano da Podgorje è particolarmente indicata per una corsa di una durata inferiore all’ora: ha sicuramente il suo fascino, per chi abita a Trieste, lasciare il mare e con soli venti minuti di macchina trovarsi ai piedi del percorso che sale il monte Taiano da Podgorje per trovarsi in qualche decina di minuti di corsa in salita sopra i mille metri e godersi di nuovo il mare, questa volta dall’alto.
Podgorje è un piccolo paese sloveno facilmente raggiungibile dalla strada che da San Servolo (Socerb) porta a Kastelec, è sufficiente seguire le indicazioni stradali. Il grande parcheggio che accoglie i numerosi escursionisti che frequentano il monte Taiano è il punto di partenza. Da qui ritornando sulla strada principale per seguirla a destra si raggiunge un strada a sinistra con un capitello, seguendo questa strada si raggiunge la fermata dell’autobus del paese con i cartelli dei sentieri sloveni che indicano due diversi itinerari per raggiungere il monte Taiano da Podgorje. Il primo della durata di 1h di cammino, il secondo della durata di 1,5 ore sempre di cammino, ovviamente molto meno di corsa. I due itinerari ad un certo punto si ricongiungono, per una corsa meno impegnativa il consiglio è di seguire quello più lungo (1,5 ore) e quindi meno ripido. Per raggiungere il monte Taiano da Podgorje, in entrambi i sentieri, il dislivello da compiere è di circa 500 metri.
Il sentiero più lungo si snoda lungo una carrareccia con numerosi tornanti, immersa nel bosco. E’ costantemente in salita tranne un picco tratto in piano e la parte centrale è sicuramente la più ripida. Nella parte finale il sentiero esce dal bosco per attraversare i prati che caratterizzano la cima del monte Taiano. Oltre ai prati, vi si trova anche un rifugio dove è possibile trovare da bere oppure mangiare una buona jota con la salsiccia.
Anche senza fermarsi nel rifugio, una sosta sulla cima del monte Taiano è comunque d’obbligo almeno per gustare il panorama dopo la fatica della salita.
Il percorso del ritorno segue quello dell’andata.

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Le grotte di Ocizla dal castello di San Servolo

Questo itinerario percorre uno dei luoghi più belli del Carso sebbene attraversi una zona con tratti molto diversi da quelli tipicamente carsici. Si tratta anche di una zona poco conosciuta, anche io l’ho conosciuta girovagando di corsa per caso e di cui si trovano poche informazioni sul web.
Se il Carso si caratterizza per essere una terra povera d’acqua, dominata da sassi e rocce appuntite, poco terroso con una vegetazione quasi austera, qui vi si trovano quattro diversi torrenti che scendono su un fondo morbido di terra circondati dalla tipica vegetazione delle zone più umide.
Il punto di partenza è il castello di San Servolo, una costruzione risalente al IX secolo, volta a scopi difensivi, dalla quale si gode uno dei più bei panorami sul golfo di Trieste: si vede infatti Pirano, la baia di Capodistria e poi Trieste fino a Monfalcone e alla laguna di Grado. Il castello si trova infatti sul ciglio del Carso, in quella piccola parte di Carso a sud della val Rosandra, e si confonde quasi sulla roccia mantenendo comunque ben riconoscibile il suo profilo da qualunque punto lo si guardi.
Dal castello di San Servolo si segue l’unica strada asfalta, dopo poche decine di metri un cartello indica il sentiero verso la grotta di San Servolo dove si rifugiò il santo da cui il castello prende il nome, la grotta è raggiungibile in pochi minuti. L’itinerario prosegue sulla strada asfaltata per alcune centinaia di metri fino a lasciarla in corrispondenza di una curva a gomito da cui si diparte una strada bianca. Questa inizialmente attraversa una zona di landa carsica per poi inoltrarsi nel bosco e iniziare a scendere. E’ importante proseguire sempre dritti e non seguire le deviazioni che si incontrano, i cartelli che indicano il monte Slavnik permettono di non sbagliare. Quando il sentiero termina la lunga discesa e comincia la salita dopo poche decine di metri compare sulla destra un sentiero contraddistinto da un cerchio giallo sugli alberi. Se la stagione lo permette perché la vegetazione non è molto folta è possibile seguire questa traccia, altrimenti si prosegue diritti verso l’abitato di Ocizla. Nel primo caso, è necessario seguire i segnali gialli che inizialmente percorrono un sentiero largo e ben segnato ma poi deviano a sinistra su una piccola traccia (la svolta è indicata da un tratto giallo su una roccia a terra) fino al paese di Ocizla. Questo tratto costeggia un torrente per poi attraversarlo, ripercorrerlo a ritroso fino al paese. Giunti in un modo o nell’altro al centro di Ocizla che possiamo identificare nella tettoia con la fontana nei pressi di uno slargo si gira a sinistra e si prosegue la strada asfaltata per alcune decine di metri finché sulla destra un cartello indica il proseguimento dell’itinerario marchiato del cerchio giallo. Da qui è sufficiente non perdere di vista i segnali gialli e proseguire lungo un percorso che costeggia torrenti, li attraversa, raggiunge cascate, piccoli canyon e costruzioni ormai diroccate. Ad un certo punto questo percorso sbocca in una larga carrareccia che porta a Beka, un altro piccolo abitato sloveno. Qui le indicazioni gialle non sono visibili, bisogna proseguire a sinistra, in discesa, superare uno stagno sulla destra finché sulla sinistra si diparte un sentiero segnalato con i soliti cerchi gialli. Si attraversa quindi una nuova zona caratterizzata da cascate e rocce scolpite dall’acqua. Ad un certo punto, nei pressi di alcune panchine per il pic-nic, il sentiero si divide in due: percorrendo il tratto di sinistra si ritorna a Ocizla, percorrendo il tratto di destra si segue una scorciatoia che porta sul sentiero che collega Ocizla a San Servolo. Si torna così, in un modo o nell’altro, al punto di partenza.
E’ difficile descrivere in dettaglio questo percorso nella sua interezza perché sarebbe veramente lungo elencare tutti i punti di interesse che si incontrano, il fatto che questi siano identificati con dei cartelli nella ostica lingua slovena di certo non aiuta.
Concludendo, il sentiero dei cerchi gialli si snoda attraverso quattro diversi torrenti la cui acqua va a formare le grotte di Ocizla. Le grotte di Ocizla sono solo un elemento, lungo il percorso si incontrano anche cascate, piccoli canyon, costruzioni diroccate, stagni e alberi maestosi. Dove finiscano questi torrenti non è dato sapersi, tra le grotte di Ocizla infatti ci sono anche i quattro inghiottitoi: una sorta di imbuti che portano l’acqua dei torrenti nel sotterraneo e da lì se ne perdono definitivamente le tracce.

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La riserva del monte Orsario e lo stagno Precedol

La Riserva del Monte Orsario si trova poco a nord di Fernetti al confine con la Slovenia. E’ attraversata dal sentiero 3 da sud-est a nord-ovest e dal sentiero 43 da sud-ovest a nord-est. Il percorso proposto segue il sentiero 43 dal punto dove inizia, nei pressi di Opicina, al punto in cui termina sulla vetta più alta della Riserva del Monte Orsario.
Il punto di partenza si trova nei pressi della foiba 149 in cui trovarono la morte molti italiani nel corso del secondo dopoguerra. Oggi la cavità è coperta da una grande lastra monumentale a ricordare come quel luogo sia diventato la tomba per molte persone. La foiba 149 è raggiungibile da Opicina lungo la strada che la collega a Monrupino proprio prima di un sottopasso ferroviario. Da qui parte il sentiero 43 che per i primi due chilometri attraversa una zona pianeggiante caratterizzata da campi solcati, doline, caverne, abissi e boschi di carpini e rovere. Il sentiero segue inizialmente una traccia molto larga ed evidente ma dopo poche centinaia di metri in corrispondenza di una curva a sinistra si distacca per seguire una traccia appena accennata.
La parte pianeggiante termina approssimativamente quando il sentiero 43 incrocia la strada asfaltata che collega Fernetti a Monrupino, poco prima sul lato sinistro del sentiero è possibile accedere alla Caverna dei Ciclami. Dopo la strada asfaltata, il sentiero comincia la lunga salita verso il monte Orsario, poco meno di due chilometri in costante ascesa fino a raggiungere la vetta sopra la quale è stato costruita una vedetta in legno da cui è possibile ammirare un panorama che spazia dal monte Lanaro, al monte Nanos, al monte Cocusso fino al mare. Nella cima del monte Orsario si trovava un tempo un tumulo preistorico, nel corso della Seconda Guerra Mondiale vi sono state costruite sopra delle costruzioni militari per l’avvistamento aereo.
Si prende quindi la via del ritorno seguendo inizialmente il tragitto dell’andata finché il sentiero 43 incrocia il sentiero 3 e per alcune centinaia di metri condivide lo stesso tracciato, quando i due sentieri si separano nuovamente si lascia il sentiero 43 per rimanere sul sentiero 3. Ancora qualche centinaio di metri e sulla sinistra una deviazione che si distacca dal sentiero 3. Si tratta in pratica del primo sentiero con una traccia che si possa definire evidente che compare sul lato sinistro.
Questa deviazione permette di passare tra gli scavi della vecchia cava, la riserva del monte Orsario è da sempre una zona di estrazione e sono numerose le cave nei dintorni. La vecchia cava è, come dice il nome, ormai solo un monumento a ricordo delle estrazioni dei tempi passati, è comunque interessante visitarla, anche dal punto di vista estetico sembra ben armonizzata col paesaggio circostante da non sembra opera dell’uomo. Il sentiero sbocca sulla strada asfaltata che era stata attraversata durante l’andata, questa volta qualche centinaio di metri più a nord verso Monrupino, non resta che seguirla fino a raggiungere il sentiero 43 e riprendere in senso opposto il tragitto dell’andata.
Il sentiero 43 percorre una traccia abbastanza stretta per la gran parte della sua lunghezza, solo qualche centinaio di metri prima del punto di partenza (e arrivo) sfocia in un sentiero più largo e con un fondo più regolare. E’ proprio in questo punto che si può, invece di proseguire verso la foiba 149, seguire il sentiero verso destra, oltrepassare un ponte sulla ferrovia, fino ad incrociare una strada asfaltata. Raggiunta questa ultima sarà ben evidente un cartello che indica la prossimità dello stagno di Precedol. Si tratta dello stagno più conosciuto ed esteso del carso triestino, per raggiungerlo è sufficiente entrare, tramite un qualsiasi varco, dal muretto che costeggia il sentiero appena percorso. Si scende quindi in una profonda dolina nel cui fondo si trova lo stagno. Questa dolina è molto interessante anche dal punto di vista della vegetazione perché è caratterizzata da un microclima che determina diverse fasce di vegetazione man mano che si scende la dolina.
Una volta visitato lo stagno Precedol è possibile tornare al punto di partenza, la foiba 149.

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Sentiero 11 Trieste – Carso

Per chi vive a Trieste, il Carso è per gli amanti della corsa il luogo ideale: innumerevoli percorsi, salite, discese, tratti in piano e scenari sempre diversi. Per raggiungere il Carso, l’opzione più facile è l’automobile, mezzo puzzolente, rumoroso e inquinante; meno facile ma pur sempre possibile raggiungerlo con i mezzi pubblici, con l’autobus oppure con il mitico tram che parte da piazza Oberdan. Ma raggiungere il Carso di corsa? E’ possibile anche raggiungere il Carso di corsa senza dover percorrere le strade più trafficate. Il sentiero 11 del CAI collega la città di Trieste nei pressi del centro commerciale Giulia al valico di Monte Spaccato sull’Altipiano del Carso.
Dalla rotonda del Boschetto, facilmente raggiungibile con gli autobus 9,6 e 35, si prosegue verso via Pindemonte finché sulla sinistra una strada in salita si addentra nel bosco. Qui inizia il sentiero 11 contrassegnato dal classico segnale bianco e rosso del CAI.
Il primo chilometro si inoltra nel Boschetto, detto anche Bosco del Farneto dal nome del torrente che attraversa quella zona ma anche Bosco Ferdinandeo in onore dell’imperatore Ferdinando I che nel 1.844 donò questa aria verde alla città. Il Boschetto occupa il versante nord orientale di un colle situato all’interno della città, nel versante opposto si trova il quartiere di San Luigi. Si tratta di una vera e propria zona selvaggia urbana, abitata da caprioli e cinghiali, che può essere percorsa lungo numerosi sentieri, in gran parte pavimentati e ben tenuti.
Quando il sentiero 11 incrocia una strada asfaltata (via del Cacciatore) si prosegue su questa a sinistra in discesa, al primo tornante ci si inoltra nuovamente nel bosco seguendo il corso del torrente Farneto. Alla fine del secondo chilometro, il sentiero 11 attraversa il torrente su un piccolo ponte di legno e prosegue in salita sull’asfalto in via del Farnetello quindi Strada per Longera, via del Correggio, via del Timo, via Damiano Chiesa fino alla strada per Basovizza che corrisponde circa alla fine del terzo chilometro.
Attraversata la strada si segue sulla salita della strada per Monte Spaccato e dopo poche centinaia di metri il sentiero 11 lascia nuovamente l’asfalto per lo sterrato. Il punto di arrivo è sul valico di Monte Spaccato dove il sentiero 11 incrocia il sentiero 1 e da qui si aprono nuovi percorsi verso Opicina e verso la Val Rosandra oppure lungo il sentiero Derin.
Il sentiero 11 è lungo circa 5 chilometri, si parte da 35 metri sul livello sul mare e arriva a 357 metri sul livello, quasi costantemente in salita. Questo itinerario ripercorre il percorso che veniva utilizzato un tempo per raggiungere Trieste del Carso e fino a qualche decennio fa giocava un ruolo di rilievo nei collegamenti cittadini, oggi è solo la via per gli amanti della corsa che vogliono raggiungere il Carso dalla città di corsa.

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La riserva del monte Lanaro

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Il monte Lanaro deve forse la sua fama soprattutto alla gara che si disputa ogni Gennaio e vede sportivi di corsa o in mountain bike misurarsi lungo un percorso di oltre 30 chilometri che ha il suo traguardo proprio sulla cima del monte Lanaro. La parte finale del tracciato è senza dubbio la più dura: una lunga salita fino a 544 metri sul livello del mare aggravati ovviamente dagli oltre 30 chilometri già percorsi. Il monte Lanaro è tuttavia solo la cima più alta, e senza dubbio quella più panoramica, di una zona più ampia, dichiarata riserva naturale, che è costituita anche da altre cime. Questo itinerario si snoda lungo la riserva del monte Lanaro e tocca alcuni dei suoi punti più rilevanti.
Il punto di partenza è a Rupinpiccolo, lungo la strada provinciale 8 che attraversa il paese. In corrispondenza di una strada che si dirama sulla destra, provenendo da Monrupino, contrassegnata dal segnale CAI rosso e bianco disegnato sul muro della casa all’angolo parte il sentiero 5 e il sentiero 40 che condividono il primo tratto in comune. Dopo un chilometro, i due sentieri si dividono, si mantiene la sinistra per proseguire lungo il sentiero 40. Altri due chilometri sempre in salita e si raggiunge un cartello che indica la distanza dal confine sloveno. In corrispondenza del cartello, che si trova sul lato destro del sentiero, si diparte sul lato opposto una traccia poco evidente nei mesi invernali, invisibile nei mesi estivi, che porta alla Vetta Grande a 486 metri sul livello del mare. Dalla cima la vista è coperta dalla vegetazione, solo alcune rocce e un cartello sgangherato a segnare la vetta. Ritornati nuovamente al cartello del confine si prosegue finché il sentiero 40 si stacca dal sentiero 3 a cui si è congiunto qualche centinaio di metri prima. Si prosegue quindi sul sentiero 3 in un tratto senza grossi dislivelli fino ad incrociare il sentiero Skabar contrassegnato dai segnali arancione e bianco. Non è facile individuarlo perché la traccia è inizialmente segnata male. E’ necessario individuare un albero sulla destra con il segnale arancione bianco alcune decine di metri dopo una netta curva a gomito. Da qui il sentiero Skabar prosegue in una zona molto selvaggia verso il monte Voistri, raggiunte le sue pendici lo circonda nel suo lato orientale. E’ possibile raggiungere la cima seguendo il percorso indicato da segnali rotondi bianchi e azzurri sugli alberi, in pratica si tratta di percorrere un tratto senza sentiero. Nella cima la vista offre alcuni scorci sulla Slovenia e sul resto della riserva del monte Lanaro, vi si trova anche una cassetta dove è possibile lasciare la propria firma sul libro. Il sentiero Skabar prosegue fino ad un incrocio di più sentieri dove i cartelli indicano chiaramente la direzione per il monte Lanaro. Segue quindi un tratto impegnativo in salita ma raggiunta la cima il panorama è uno dei migliori che il Carso possa offrire. La vista dal monte Lanaro spazia dal Golfo di Trieste, al monte Taiano, al monte Cocusso, al Nanos e a tutti i rilievi della valle del Vipacco. Si prosegue quindi il percorso lungo il sentiero CAI n° 5 che scende lungo il versante orientale del monte Lanaro fino ad incrociare nuovamente il sentiero n° 3 e proseguire così a destra. Dopo aver oltrepassato i resti di un edificio della Seconda Guerra Mondiale il sentiero di avvicina al monte Nijvice. Quando il sentiero 3 svolta a destra mentre un altro sentiero prosegue dritto si segue questo ultimo per raggiungere il sentiero 24. Prima di questo è possibile deviare a sinistra per raggiungere il castelliere sul monte Nijvice. Si gira quindi a destra sul sentiero 24 e lo si percorre fino ad incrociare il sentiero numero 5 (e dopo aver oltrepassato l’incrocio col sentiero numero 4). A questo punto è il momento di tornare al punto di partenza, si svolta a sinistra sul tracciato condiviso dal sentiero 5 e 5a, dopo qualche centinaia di metri si segue la deviazione del sentiero 5 che lascia il sentiero 5a e si prosegue fino al punto di partenza.

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Monte Cocusso: itinerari su e giù di corsa

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Il monte Cocusso: palestra per il trail

Il monte Cocusso si trova sul confine tra Italia e Slovenia, tra i valici di Pesek e Basovizza. E’ il punto più alto del Carso triestino e della provincia di Trieste, si trova infatti a 670m sul livello del mare. Non si tratta di un monte isolato ma, come per altri nomi noti del Carso, della cima più conosciuta di un rilievo ben più articolato.
Il monte Cocusso è senza dubbio una delle mete più frequentate dagli appassionati di trekking, corsa o mountain bike perché si trova solo a pochi chilometri da Trieste e offre innumerevoli sentieri di diversa natura e pendenza.
L’itinerario che viene proposto prevede due risalite alla sommità del monte e relative discese su percorsi sempre diversi.
Pesek è il punto di partenza, più precisamente il parcheggio della chiesa che si incontra sulla SS14 verso la Slovenia poco prima del paese. Da qui parte il sentiero CAI 28 lungo una traccia larga e ben definita che attraversa una zona di landa carsica, particolarmente esposta quando c’è la bora. Dopo circa un chilometro si entra nel bosco. Si prosegue sempre sul sentiero che sale lungo il lato sud del monte Cocusso, anche quando il sentiero CAI 28 si dirama su una traccia molto più stretta e ripida. Il consiglio è di seguire sempre il sentiero principale con l’unica accortezza di mantenere la destra quando questo si biforca in un bivio, in pratica si tratta di proseguire sul tratto che continua in salita.
Il percorso ad un certo punto sembra terminare davanti ad un grosso accumulo di pietre, si tratta di un tumulo di età molto antica che dovrebbe coprire e custodire il corpo di qualche antenato. Da qui si gode comunque di un bel panorama seppure un po’ limitato dall’alta vegetazione circostante. Si attraversa quindi il tumulo del monte Cocusso seguendo le indicazioni CAI disegnate sulle pietre per ritornare nel bosco e proseguire il sentiero fino alla fine quando incrocia un altro sentiero ben più largo. Da qui proseguire a destra sempre in salita finché non si raggiunge un nuovo incrocio, questa volta col mitico sentiero 3. Qui si è in pratica sulla sommità del monte Cocusso ed è possibile proseguire sul sentiero 3 a destra per raggiungere Grozzana e poi Pesek oppure proseguire a sinistra sempre sul sentiero 3 verso Basovizza oppure proseguire dritti e sconfinare in Slovenia dopo pochi metri. Presa questa ultima scelta, si incontra subito un sentiero su cui girare a sinistra per scendere a valle lungo il lato nord-ovest del monte Cocusso. Il sentiero diventa presto molto sconnesso e ripido, è necessario prestare attenzione. Ad un certo punto, il bosco sfocia in una grisa da qui la vista spazia dal Carso fino al mare, Monfalcone e la foce dell’Isonzo. Si prosegue quindi la discesa finché non si incrocia un sentiero largo sul quale ci si immette a destra iniziando così una nuova risalita del monte Cocusso. Il sentiero si snoda attraverso diversi tornanti in un bosco di pini dal sapore alpino fino a raggiungere il punto più alto del monte Cocusso dove si trova anche un rifugio, in territorio sloveno. Qui si può fare una sosta al rifugio, ammirare il panorama che si staglia sul monte Tajano e poi proseguire il percorso lungo il sentiero che passa davanti al rifugio. Si continua su questo attraversando bei boschi di querce finché il sentiero non si biforca e sul ramo di destra si intravedono delle costruzioni. Si segue quindi questa direzione, si oltrepassano questi edifici, oggi abbandonati che un tempo erano adibiti a scopi militari, fino a raggiungere la chiesta di Sv. Tomaz, anche questa abbandonata e diroccata, con il cimitero adicente. Da qui si prosegue sempre diritti per intraprendere la discesa in direzione sud ovest verso il punto di partenza. Anche qui ci sono molti punti dove è possibile godere del panorama sulla campagna slovena. Terminata la discesa, svoltare a destra sul sentiero segnato dal cerchio bianco e rosso, tipico dei sentieri sloveni. Da qui presto si raggiunge di nuovo la linea confinaria, questa volta per rientrare in Italia e congiungersi con il tratto iniziale del sentiero 3. Si arriva quindi sulla statale 14 e dopo qualche centinaia di metri sull’asfalto si è di nuovo al punto di partenza.

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Monte Hermada: sentieri della Prima Guerra Mondiale

Sentieri Hermada Prima Guerra Mondiale

I sentieri, le grotte e le trincee del Monte Hermada

Il monte Hermada rappresentò nel corso della Prima Guerra Mondiale una roccaforte austroungarica che l’esercito italiano non riuscì mai ad espugnare. Il monte Hermada è posizionato dove la costa adriatica vira decisamente verso sud-est in direzione Trieste; è facilmente visibile dal mare e dalla pianura circostante perchè rappresenta il rilievo più significativo della zona. Queste caratteristiche hanno reso il monte Hermada un punto strategico nel corso della Prima Guerra Mondiale perchè era un passaggio obbligato per la conquista di Trieste. Consapevoli di questo, l’esercito austroungarico realizzò delle fortificazioni che sono tuttora visibili lungo i sentieri che percorrono questo monte. I sentieri dell’Hermada permettono di scoprire le atmosfere della Prima Guerra Mondiale in luoghi probabilmente ancora sottovalutati dal punto di vista turistico che proprio per questo sono ancora più affascinanti.
L’itinerario di trail running parte da Ceroglie, un paese che si può facilmente raggiungere da Aurisina situato ai piedi del monte Hermada, parte più precisamente dalla carrabile che inizia dove finisce la strada che proviene da Malchina e attraversa tutto il paese.
Dopo aver percorso la carrabile per qualche centinaio di metri e aver oltrepassato prima una deviazione a destra poi una deviazione a sinistra, si arriva, in corrispondenza di un cartello che indica l’approssimarsi del confine di stato, all’incrocio con il sentiero 3. L’itinerario prosegue seguendo il sentiero 3 a sinistra in salita fino ad incontrare ancora sulla sinistra una deviazione, una traccia poco visibile, che porta alla cima dell’Hermada. Lungo questa traccia, una deviazione permette di raggiungere la Grotta dell’Hermada, detta anche Grotta dell’Ospedale. La Grotta dell’Hermada è facilmente percorribile perchè si sviluppa sul piano, è però indispensabile una torcia o una lampada frontale perchè è ovviamente completamente buia. Si tratta di una cavità di dimensioni significative che funse da rifugio per i soldati nella Prima Guerra Mondiale al cui interno sono ancora visibili gli interventi realizzati dall’esercito.
Proseguendo il percorso in salita, il sentiero termina incrociando un altro sentiero, girando a sinistra si raggiunge la cima del monte Hermada a metri 323 dove il panorama spazia sul golfo di Trieste.
Si scende lungo lo stesso sentiero ma questa volta senza deviare verso la Grotta dell’Hermada, si raggiunge così il punto dove i sentieri 3 e 8 si congiungono. Si gira a sinistra lungo il sentiero 3, dopo aver oltrepassato un sentiero sulla sinistra, dopo alcune decine di metri, sempre sulla sinistra, in corrispondenza di un pilone dell’elettricità, una traccia permette di raggiungere la Grotta del Pilone, detta anche Grotta Karl. Anche questa cavità è facilmente percorribile con una fonte luminosa, al suo interno è presente un cunicolo, di recente realizzazione, che permette di accedere alla Grotta della Gavetta, detta Grotta Zita, anch’essa utilizzata durante la Prima Guerra Mondiale dai soldati per il ricovero dopo le Battaglie che coinvolsero l’ Hermada.
Dall’accesso della Grotta del Pilone si prosegue sulla stessa traccia che porta alla quota 298, detta anche Dosso della Trincea, dove è possibile infatti visitare una trincea ben conservata e alcune postazioni militari tra cui una postazione contraerea. Questa traccia si congiunge con il solco dell’oleodotto, proseguendo su questo sulla destra si arriva nuovamente ad un incrocio di sentieri.
Girando a sinistra si prosegue lungo il sentiero 3A per diversi minuti finchè sulla destra, in corrispondenza di un palo dell’elettricità, compare una traccia, poco visibile. Se si prosegue diritti si arriva a Case Coische, dei ruderi che vennero anche essi utilizzati nella Prima Guerra Mondiale. Se si gira a destra si raggiunge il monte Cocco, il prossimo obiettivo dell’itinerario dove si trova probabilmente il maggior numero di fortificazioni belliche del monte Hermada. Qui la traccia si confonde tra le rocce e il cemento delle costruzioni militari, si dice che in questa zone l’esercito avesse costruito una rete di bunker che oggi non è più percorribile in seguito ai numerosi crolli dovuti all’estrazione di materiali, soprattutto metallici, da parte degli abitanti della zona, in cerca di risorse da vendere per fronteggiare la povertà nel dopoguerra. E’ importante riuscire a seguire la traccia che costeggia il ciglio settentrionale dell’Hermada fino ad incrociare nuovamente il solco dell’oleodotto. A questo punto è necessario individuare la traccia che costeggia il ciglio del monte Hermada oltre il solco. Si tratta di un percorso molto bello, ricco di segni della Prima Guerra Mondiale, il tratto che forse meglio permette di capire l’importanza strategica del monte Hermada grazie alla vista che da qui si gode sul monte Flondar e in generale su quelle che una volta erano le linee italiane. Si tratta però anche di un tratto poco segnato, impervio in alcuni tratti e, come quello precedente, percorribile solo quando la vegetazione lo permette. Soprattutto nella parte finale la traccia è veramente poco visibile è dunque necessario prestare attenzione finché non si incrocia nuovamente il sentiero 3.
A questo punto è sufficiente seguire a sinistra per ritornare al punto di partenza, non prima di aver raggiunto l’apertura naturale della Grotta del Motore. Da qui è possibile trovare una traccia sulla sinistra che porta all’apertura artificiale della grotta anche questa facilmente percorribile con una lampada.
I sentieri del monte Hermada sono caratterizzati da una natura selvaggia, da grotte, da panorami sul mare e sul Carso e da molti punti di interesse storico della Prima Guerra Mondiale: sono dunque ideali per una corsa.

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Sentiero Abramo Schmid: dal Kremenjak al Nad Logem

Sentiero Abramo Schmid

Il sentiero Abramo Schmid da Comarie a Gabria

Questo itinerario parte dal valico di Comarie, vicino a Jamiano, e percorre il sentiero Abramo Schmid – sentiero CAI 79 -, passando per la cima del monte Kremenjak fino al monte Nad Logem per poi scendere a Gabria. Questo percorso è detto anche ‘sentiero del cordolo’ perché ai tempi della Yugoslavia veniva percorso dalle guardie che sorvegliavano il confine, il suo tracciato infatti coincide tuttora più o meno con l’attuale linea confinaria tra l’Italia e la Slovenia. Coincide inoltre con il ciglio del Carso del Comeno che si affaccia sul vallone che collega Gorizia a Monfalcone e lo separa dal Carso Isontino: in questa zona si svolsero numerose battaglie durante la I Guerra Mondiale.
Da Comarie, valico di II categoria in cui sono ancora presenti le caserme di confine ormai diroccate, si sale sull’altipiano attraverso un impegnativo sentiero particolarmente ripido soprattutto nella parte finale. Giunti in quota, una piccola traccia sulla destra porta ad una serie di aperture sulla roccia che portano tutte in una grotta che fungeva da rifugio per i soldati della Grande Guerra. A pochi metri di distanza è possibile entrare in una garitta della guerra fredda dalle cui feritoie è possibile osservare l’Italia da Monfalcone fino alla pianura come avranno fatto migliaia di volte i soldati yugoslavi. Ritornati nel sentiero Abramo Schmid, alcune centinaia di metri permettono di raggiungere il monte Kremenjak. Anche qui è possibile godere di un bellissimo panorama dal Golfo di Trieste verso il Carso del monte San Michele, anche qui vi si trovano costruzioni risalenti alla I Guerra Mondiale e un’altra garitta yugoslava. L’itinerario continua senza grosse variazioni di altitudine costeggiando di volta in volta trincee e doline all’interno delle quali sono ancora presenti i ruderi dei ricoveri che venivano utilizzati dai soldati e qualche placca commemorativa ormai nascosta dalla vegetazione. Il sentiero 79 attraversa quindi la strada asfaltata di Devetachi per poi rituffarsi nella fitta vegetazione fino alla cima del Nad Logem che venne conquistato dalle truppe italiane nel corso del 1916. E’ qui che si trovano probabilmente i più interessanti resti bellici tra cui una scalinata ben conservata che è facilmente raggiungibile deviando dal sentiero.
Oltrepassato il Nad Logem il sentiero Abramo Schmid segue una ripida discesa fino a raggiungere il fiume Vipacco nei pressi di Gabria. Per tornare al punto di partenza si ripercorre il tragitto dell’andata.
Questo itinerario di trail running segue un sentiero molto stretto per molti chilometri che non è percorribile nei mesi primaverili ed estivi a causa della volta vegetazione, i tratti più impegnativi sono la salita da Comarie al monte Kremenjak con un dislivello di circa 240 mt e la salita dal Vipacco al Nad Logem nel percorso di ritorno con un dislivello di 180 mt circa.
Questo itinerario non percorre comunque tutto il sentiero Abramo Schmid è infatti proseguire da Comarie fino a Medeazza, come descritto nell’itinerario Sentiero 79.

Lunghezza: 24km
Dislivello+: 430mt

Dettagli

Dal valico di Comarie, dove si può parcheggiare la macchina, si inizia il percorso di trail running seguendo la strada asfaltata in direzione Jamiano per alcune decine di metri per poi girare sulla destra su un sentiero in leggera salita marcato con le insegne del CAI. Il sentiero si immette in una carrareccia e si prosegue prestando attenzione perché dopo alcune centinaia di metri, il sentiero 79 lascia la carrareccia per procedere in ripida salita sulla sinistra. Da questo punto le insegne del CAI sono abbastanza chiare finché si oltrepassa una trincea ben conservata. Qui bisogna prestare attenzione perché subito dopo il sentiero si immette in una carrareccia dove le insegne del CAI non sono ben evidenti: bisogna girare a destra quando il sentiero lascia la carrareccia per seguire una traccia poco visibile. Da questo punto il sentiero 79 è una traccia che talvolta è difficile riconoscere tanto è poco segnata.

2 pensieri su “Sentiero Abramo Schmid: dal Kremenjak al Nad Logem

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Il sentiero della Salvia e il sentiero dei Pescatori

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Questo itinerario di trail running inizia nei pressi della scuola media slovena Igo Gruden ad Aurisina. Da qui parte un sentiero che costeggia il ciglio del Carso, si tratta di un sentiero molto panoramico da cui si ha un’ottima vista sul golfo di Trieste ed è anche praticamente in piano senza significativi dislivelli. Questo percorso è chiamato sentiero della Salvia e permette di raggiungere in pochi chilometri la strada asfaltata che sale verso l’abitato di Santa Croce. A questo punto vale la pena tornare indietro e volendo imboccare l’unico sentiero che si trova sulla destra (in salita) che porta alla vedetta Liburnia, un torre che venne costruita nell’800 con lo scopo di mantenere la giusta pressione per l’acquedotto. Giunti nel punto di partenza è possibile proseguire la corsa sul sentiero dei Pescatori. Questo è molto più impegnativo rispetto al sentiero della Salvia perché inizia dall’altipiano del Carso e finisce sulla spiaggia di Canovella degli Zoppoli. Il percorso si snoda su un sentiero sconnesso inizialmente e poi in una lunga gradinata. Questo tracciato veniva utilizzato dai pescatori di Santa Croce per raggiungere il mare, più precisamente il porticciolo di canovella degli zoppoli. Canovella è un toponimo mentre lo zoppolo è il nome dell’imbarcazione usata un tempo dai pescatori. Questa imbarcazione veniva ricavata da un unico tronco scavato al suo interno. Il sentiero dei pescatori, soprattutto in salita, possiamo definirlo allenante sebbene non sia lungo solo una manciata di chilometri.
Il sentiero della Salvia e il sentiero dei Pescatori formano quindi insieme un ottimo itinerario di trail running che unisce un bel tratto panoramico in piano, ideale per il riscaldamento, ad un tratto in discesa e poi salita sicuramente più impegnativo.

Una volta raggiunto il mare, l’esplorazione può continuare sul Golfo di Trieste per scoprire le sue coste da Grado fino a Punta Salvore, l’origami kayak può essere l’imbarcazione ideale per questo tipo di escursioni.

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